La debolezza di un leader è tanto più evidente quanto più grandi sono i suoi sforzi per apparire invulnerabile.
Il paventare potenziali fibrillazioni nel governo da parte di Conte qualora l'Italia dovesse mantenere fede ai patti assunti in passato con la NATO - portare la spesa per la difesa al 2% del PIL- è una strategia di brinkmanship simile a quella che sta adottando Putin ora che l'invasione dell'Ucraina si è impantanata - minacciare l'utilizzo di armi più devastanti capaci di radere al suolo il Paese.
Il desiderio intimo di entrambi è, probabilmente, quello di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Nessuno dei due vorrebbe, o potrebbe, tenere fede alle minacce di cui sopra. Né Putin può sventrare l'Ucraina pur di conquistarla né Conte può mettere a rischio la tenuta del governo pur di difendere una bandierina utile esclusivamente per la propaganda. Il perché è chiaro: Putin, devastando ulteriormente l'Ucraina, dimostrerebbe in maniera fattuale che la sua è una guerra imperialista, e non di liberazione; Conte non ha una forza coesa alle spalle, ma un movimento balcanizzato che tutto desidera fuorché correre il rischio di elezioni anticipate (rielezione di Mattarella docet).