Oggi immaginavo il primo indigeno che mentre solo ed audace perlustrava le foreste dell'America meridionale si imbatteva per la prima volta nella pianta di cacao. Stupito dalla strana forma del frutto ne prelevava i semi, ed attraverso casuali e fortunose manipolazioni riusciva in poco tempo ad ottenere il dolce e delizioso cacao.
Assaggiato in maniera timorosa, il risultato della sua accidentale opera, provava l'estasi della prelibatezza inaspettata, e colto da innato senso di ingordigia ingurgitava ogni singolo granello di polvere prodotto. Dopo mesi di egoistica voracità, l'indigeno mosso da un inaspettato senso di solidarietà si lanciava di corsa verso il suo villaggio per condividere la meravigliosa scoperta con i suoi pari. Giunto stravolto nel suo villaggio, invitava i suoi cari a degustare questa sconosciuta polvere. Quest'ultimi diffidenti e preoccupati per l'aspetto particolarmente agitato del loro caro scopritore rifiutavano la misteriosa offerta. Questa terrea polvere non colpiva il loro occhio né per la forma né per la consistenza né per l'odore acre. Inoltre l'aspetto da folle ed il fisico appesantito dell'indigeno non erano per niente un buon biglietto da visita. Le insistenti richieste di degustazione da parte dell'indigeno ai propri cari suscitavano l'interesse della folla, che incuriositi da questo strano tramestio si aggregavano spontaneamente, partecipando gradualmente alla diffidenza collettiva. In pochi minuti quella che doveva essere una generosa offerta diventava una disputa dove le fazioni in campo si dividevano in due schieramenti: da una parte la massa sospettosa di no-ciok e dall'altra parte il solo indigeno, allibito per la reazione inattesa della sua comunità. La disputa degenerava in tumulto, le posizioni si esasperavano, gli animi si accendevano e questo provocava la discesa in campo del padre spirituale della comunità, che bollava come malvagia quella pericolosa sostanza e condannava l'eretico indigeno alla pena capitale per aver tentato di corrompere la società, dopo essersi corrotto egli stesso per averla assunta con diabolica ingordigia.
Tra strazianti pianti e grida disperate l'indigeno veniva condotto agli arresti, mentre la guida spirituale sequestrava la sua borsa di cacao imponendogli la confessione del luogo in cui la stessa era stata ritrovata.
Spaventato dagli eventi e dalla vicina reclusione l'indigeno confessava, al solo guru, non solo il luogo del ritrovamento, ma anche il fortunoso meccanismo necessario per l'ottenimento della squisita polvere ed implorava la guida di assaggiare quella delizia divina, senza per questo riuscire a scampare alla prigionia.
Tornato nella sua solitaria casetta, il guru, provava l'ebbrezza dell'ignoto, e incuriosito dalla sconosciuta sostanza si fiondava con la testa sulla stessa uscendone con le papille gustative in visibilio.
La mattina seguente la pena capitale per l'eretico indigeno veniva eseguita sotto gli occhi maliziosi del guru, che oltre a presenziare all'esecuzione perdonava l'anima dell'inconsapevole benefattore.
Trascorso il giusto tempo, il guru imponeva una nuova legge divina: per volontà dell'Altissimo si poteva consumare la polvere di cacao, però solo se ottenuta secondo il metodo che il Sommo Spirito aveva comunicato in maniera esclusiva al solo guru, e dietro contemporanea offerta in danaro per le anime pie degli antenati, che lo stesso guru provvedeva a raccogliere e conservare.
Nessun commento:
Posta un commento