La scelta di Letta di isolare il Movimento 5 Stelle, dopo che Conte ha scatenato la crisi da cui è scaturita la caduta del governo Draghi, sarebbe stata comprensibile se l'avesse portata fino in fondo, cioè staccandosi anche da Sinistra e Verdi (sempre all'opposizione del governo Draghi) per formare un polo riformista con i partiti (Azione e Italia Viva) che hanno sostenuto convintamente il premier uscente. Di converso una volta che il PD ha deciso di allearsi con Sinistra e Verdi sarebbero dovute cadere contemporaneamente tutte le pregiudiziali dal M5S (che condivideva le stesse colpe di Bonelli e Fratoianni- rifiutare la fiducia al governo Draghi), lasciando quindi perdere il voto riformista per lanciarsi alla ricerca del voto di sinistra. Premesso che sia la configurazione più massimalista (PD+Sinistra e Verdi+M5S+ Più Europa) che quella più riformista ( PD+ Azione+ Più Europa) sarebbe comunque risultata perdente rispetto al centrodestra unito, è evidente che la coalizione di centrosinistra che si è presentata al voto (PD+Impegno Civico+ Sinistra e Verdi+ Più Europa), piccola nei numeri e disunita nei programmi, non avrebbe avuto alcuna chance di contendere la vittoria agli avversari.
Quindi da dove si riparte? Facendo chiarezza. Prima cosa, alleati con Calenda e Renzi o con Conte e Fratoianni? Riformisti o massimalisti, tertium non datur.
Scelta la strada da percorrere sarà importante alimentare il dibattito interno senza sfociare nelle mille divisioni tipiche dell'area di centrosinistra, prendendo esempio dalla maturità politica della destra che dimostra puntualmente la capacità di ritrovarsi e dialogare al proprio interno per presentarsi compatta davanti agli elettori.
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