Dal diario di Francesca Alinovi:
"Evviva evviva. Per la prima volta l'ho visto come un deficiente. Gli ho detto deficiente, ho pensato deficiente per la prima volta. Penso che lui sia un deficiente squallido, l'ho visto già prima lì tra i suoi amici. Il numero da fiera tra poverini e numeri da fiera, baracconate, pagliacciate lui come gli altri, ubriaco, ma che importa? Io l'ho visto come gli altri. Già stasera le sue foto mi hanno fatto incazzare, foto squallide, pazzo pensare che io possa esporre quelle foto. Crollo di un mito, crollo di un amore che sembra impossibile ora aver provato, cieca per due anni, per due anni pazza d'amore. Anche stasera sono stata male, tortura, orribile, di ore, ognuno ha il suo ambiente. Quello è il suo, io il mio, l'ambiente non è indifferente alla persona. Io ho scelto gli ambienti più congeniali, ho fatto sforzi enormi, una fatica enorme per sottrarmi ad ambienti che detestavo, che mi facevano stare male, per sottrarmi a persone che sentivo fisicamente e mentalmente estranee. Ho impiegato anni per sentirmi bene, ho dimenticato gli orrori, conquistato una zona di benessere. Raggiunta una personalità definitiva, mia, aristocratica, ok rompiballe: esigente. Poi ho voluto e pensato di essere tanto forte da vincere gli ambienti, vincere i derelitti, gli squallidi, vincere le resistenze, le repulsioni, gli schifi. Ho pensato di possedere tanto carisma da nobilitare, trasfigurare con la mia presenza tutto. Anche le cose che detesto. Gli rimarrà comunque la palma degli orrori, dei tanti orrori, uno di seguito all'altro. Mi dispiace solo di aver sbottato, avrei dovuto essere più signora, proprio in opposizione al suo squallore, ma è scritto così, di lui mai pensato così di lui, mai visto così nitidamente, chiaro di lui. Data storica, 13 Febbraio 1981. Il 9 Marzo 1983, due anni, un mese, sei giorni stop. Ho finito di amare lui prima ancora di aver finito il libricino, che era stato iniziato per finire di amare lui. Mancano infatti alcune pagine bianche."
In questo flusso di coscienza Francesca Alinovi scrive della forza trovata dentro di sé nell'affrancarsi da una relazione tossica sviscerando, al contempo, il suo background, caratterizzato da un ascesa socio-culturale. Mutatis mutandis ognuno di noi può rispecchiarsi in queste pagine, dove la relazione tossica non deve essere intesa necessariamente come quella amorosa, ma può essere declinata in quella ambientale, relazionale o lavorativa. La capacità di riconoscere i limiti delle nostre azioni nel redimere ciò che ci circonda è il primo passo per poter direzionare meglio i nostri sforzi.
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