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martedì 17 agosto 2021
Saviano, Murgia e l'attacco alla famiglia
domenica 15 agosto 2021
Afghanistan, libertà, diritti e prestigio
"A che serve che un popolo sia l'immagine stessa dell'agiatezza e della libertà, se è continuamente esposto ad essere devastato e conquistato? Che importa che esso sia manufatturiero e commerciante, se altri dominano i mari e dettano legge sui mercati? La forza è quindi spesso la prima condizione della felicità dei popoli e perfino della loro esistenza. Donde viene che i piccoli popoli finiscono sempre coll'essere violentemente uniti ai grandi, oppure che vi si uniscono spontaneamente". (Tocqueville)
Questo passo è noto nel mondo occidentale sin dal 1835, data della prima pubblicazione del testo "La democrazia in America".
Eppure oggi, nel 2021, alla fine dell'Operazione Libertà Duratura (così denominata la guerra in Afghanistan) ci chiediamo che senso ha avuto liberare l'Afghanistan dai talebani se poi non si è dotato il Paese dei mezzi adeguati per poter resistere autonomamente al ritorno degli stessi. Che senso ha avuto creare una democrazia senza che fosse dotata dei necessari anticorpi per poter sopravvivere? Alcuni congetturano che gli USA, volutamente, hanno lasciato il territorio che avevano occupato, dove avevano posizionato basi militari, uomini e mezzi; un territorio a ridosso di una potenza rivale (Cina), di una potenza in nuce (India), di una potenza decaduta (Russia) e di uno Stato considerato canaglia (Iran), per rendere instabile la zona. Probabilmente gli stessi non considerano i due seguenti aspetti (uno di ordine pratico e l'altro un precedente storico): meglio essere vicino al potenziale nemico; l'episodio della crisi missilistica di Cuba tra USA e URSS. Quest'ultima vicenda, unita al sostegno che l'URSS ha assicurato a Cuba durante la guerra fredda, come d'altronde hanno fatto gli USA con altri Stati ritenuti utili, dimostra che le potenze preferiscono un governo amico a condizioni di instabilità. Eppure questa ritirata frettolosa, scomposta ed aspramente criticata, per diverse ragioni, dai più disparati commentatori, insegna una cosa: non si può fare una politica estera forte e decisa senza il sostegno della base elettorale. La retorica dell'America First, dell'isolazionismo, del sovranismo, ha illuso che si potesse essere grandi facendo a meno del mondo, ma non è cosi. Il corpo elettorale americano, in maniera trasversale, si aspettava la fine delle operazioni militari, e così è stato, salvo non voler accettare psicologicamente le conseguenze ad esso correlate: il ritorno al potere dei talebani; le immagini della rovinosa ritirata; lo smacco internazionale. Sì, perché diciamocelo chiaramente: ai più non interessano le pessime condizioni in cui verserà la popolazione afgana, ma il prestigio internazionale intaccato.
Giuseppe Cerullo
venerdì 13 agosto 2021
Green pass, libertà e comunità
Diciamolo senza infingimenti: il green pass, con tutte le sue pecche, è l'unico modo che abbiamo per scongiurare future chiusure totali. Pur non avendo certezza di nulla (date le innumerevoli e impronosticabili variabili in campo), sono altissime le probabilità, visti i dati sulle attuali ospedalizzazioni, che rilevano una percentuale minima di accessi tra i vaccinati a differenza dei non vaccinati, che attraverso la moral suasion del green pass non dovremmo più applicare misure eccessivamente restrittive all'intera popolazione.
Quindi la logica delle attuali limitazioni è frutto della scelta da prendere al seguente quesito: o circoscrivere la libertà individuale di una sparuta componente di cittadini recalcitranti a sottoporsi alla vaccinazione o prendere in considerazione una potenziale restrizione della libertà globale per il rischio di recrudescenza della pandemia da covid, che ricadrebbe su tutti, indifferentemente dalla vaccinazione praticata.
Ciò premesso, è indubbio che la norma che introduce il green pass ponga dei severi limiti a chi, in nome di qualsivoglia pensiero, si presenta indisponibile a far fronte unico con l'intera comunità per affrontare la pandemia. In una condizione così eccezionale è naturale prendere misure straordinarie al fine di tutelare l'interesse collettivo, piuttosto che il capriccio del singolo.
Di fatti, l'indisponibilità a vaccinarsi, si squalifica a insulso capriccio, dato che nella maggior parte dei casi non si vede altro che persone arroccate dietro il loro steccato ideologico, prevenute rispetto a tutte le evidenze che si sono imposte in questi ultimi due anni.
In ultimo, bisogna tenere presente, che oltre alle persone riluttanti alla vaccinazione per una forma di paura preventiva, umanamente comprensibile soprattutto se alimentata da una inadeguata preparazione scientifica, esiste una componente più subdola di anti vaccinisti: quella che alimenta artatamente una narrazione perniciosa al fine di rinfocolare le fobie dei primi, estrapolando in maniera chirurgica dati, che risultano fuorvianti rispetto al loro originario contesto, e rappresentandoli in maniera che possano suggestionare le menti più fragili e predisposte ad una narrazione "alternativa".
Quest'ultimi sono inquadrabili in due sottogruppi: quelli consapevoli delle loro azioni, quindi il loro intento è disonesto, perché consapevoli del male che fanno alla comunità continuano a perseguire il loro particolare interesse, finalizzato esclusivamente ad occupare una posizione elettoralmente riconoscibile dal loro piccolo, ma pur rilevante seguito, allo scopo di beneficiare dei privilegi di rappresentanza; quelli che difettano di metodo, che alimentano i loro stessi dubbi per diffidenza verso le fonti ufficiali, che attraverso una modalità di ricerca grossolana mescolano argomenti inconciliabili, che, convinti di essere in possesso di un cervello fino, confondono l'autostima con l'autorevolezza, e dall'alto del loro inscalfibile punto di vista sbeffeggiano la massa, che si affida in maniera acritica alla scienza, non percependo di essere loro stessi dei fruitori acefali di tesi inconsistenti raccolte da fonti non riconosciute.