domenica 15 agosto 2021

Afghanistan, libertà, diritti e prestigio

"A che serve che un popolo sia l'immagine stessa dell'agiatezza e della libertà, se è continuamente esposto ad essere devastato e conquistato? Che importa che esso sia manufatturiero e commerciante, se altri dominano i mari e dettano legge sui mercati? La forza è quindi spesso la prima condizione della felicità dei popoli e perfino della loro esistenza. Donde viene che i piccoli popoli finiscono sempre coll'essere violentemente uniti ai grandi, oppure che vi si uniscono spontaneamente". (Tocqueville)
Questo passo è noto nel mondo occidentale sin dal 1835, data della prima pubblicazione del  testo "La democrazia in America".
Eppure oggi, nel 2021, alla fine dell'Operazione Libertà Duratura (così denominata la guerra in Afghanistan) ci chiediamo che senso ha avuto liberare l'Afghanistan dai talebani se poi non si è dotato il Paese dei mezzi adeguati per poter resistere autonomamente al ritorno degli stessi. Che senso ha avuto creare una democrazia senza che fosse dotata dei necessari anticorpi per poter sopravvivere? Alcuni congetturano che gli USA, volutamente, hanno lasciato il territorio che avevano occupato, dove avevano posizionato basi militari, uomini e mezzi; un territorio a ridosso di una potenza rivale (Cina), di una potenza in nuce (India), di una potenza decaduta (Russia) e di uno Stato considerato canaglia (Iran), per rendere instabile la zona. Probabilmente gli stessi non considerano i due seguenti aspetti (uno di ordine pratico e l'altro un precedente storico): meglio essere vicino al potenziale nemico; l'episodio della crisi missilistica di Cuba tra USA e URSS. Quest'ultima vicenda, unita al sostegno che l'URSS ha assicurato a Cuba durante la guerra fredda, come d'altronde hanno fatto gli USA con altri Stati ritenuti utili, dimostra che le potenze preferiscono un governo amico a condizioni di instabilità. Eppure questa ritirata frettolosa, scomposta ed aspramente criticata, per diverse ragioni, dai più disparati commentatori, insegna una cosa: non si può fare una politica estera forte e decisa senza il sostegno della base elettorale. La retorica dell'America First, dell'isolazionismo, del sovranismo, ha illuso che si potesse essere grandi facendo a meno del mondo, ma non è cosi. Il corpo elettorale americano, in maniera trasversale, si aspettava la fine delle operazioni militari, e così è stato, salvo non voler accettare psicologicamente le conseguenze ad esso correlate: il ritorno al potere dei talebani; le immagini della rovinosa ritirata; lo smacco internazionale. Sì, perché diciamocelo chiaramente: ai più non interessano le pessime condizioni in cui verserà la popolazione afgana, ma il prestigio internazionale intaccato.

Giuseppe Cerullo 

1 commento:

  1. potremmo dire:"la storia si ripete". Giriamoci dall'altra parte e via. Sono affari loro...sino alla prossima bomba o kamikaze.

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