domenica 24 ottobre 2021

Legge di bilancio, pensioni e reddito di cittadinanza

Ogni anno la legge finanziaria ci ricorda che in fin dei conti i partiti di destra e di sinistra condividono la stessa idea: maggiore spesa pubblica e minore tassazione.
Ognuno declina alla propria maniera la spesa pubblica (prepensionamenti, sussidi, welfare, bonus) e l'abbattimento delle tasse (flat tax, diminuzione del cuneo fiscale, riduzione delle tasse sul patrimonio e sul reddito) ma alla fine della fiera la storia è sempre la stessa: l'indisponibilità della politica di accettare che di fronte a risorse limitate è necessario fare delle scelte oculate.
Il dibattito odierno, come quello passato, riguardo la finanziaria, rende perfettamente l'idea di quelle che saranno poi le future maggiori voci di spesa della legge di bilancio: 
pensioni, quota 100 o che dir si voglia; 
Sussidi, ad esempio il rifinanziamento del reddito di cittadinanza.
Fa nulla che quota 100 sia stata solamente una trovata elettorale inadeguata dal punto di vista pratico, sia perché ha favorito la platea sbagliata, soprattutto uomini e dipendenti della PA, sia perché ha depauperato le piante organiche delle aziende, tasso di sostituzione di 0,4 (4 assunti per 10 pensionamenti); 
E non importa che il reddito di cittadinanza sia stato mal concepito, essendo una brodaglia mal assortita di assistenza e politiche attive del lavoro, che non raggiunga in modo adeguato le famiglie in povertà, sono favoriti i single rispetto ai nuclei familiari con più figli, che sia percepito da alcuni in modo truffaldino, lavoro nero e quant'altro, e che non ci sia un collegamento strutturale efficiente tra percettori del reddito e strutture di formazione/mercato del lavoro, l'importante, per i partiti, non è massimizzare i risultati ottenibili con l'utilizzo delle nostre tasse, ma venerare il proprio feticcio.
Purtroppo nessun governo, nemmeno uno tecnico, può sfuggire, anche se in maniera parziale, alle conseguenze della propaganda che i partiti hanno fatto a suo tempo durante il periodo elettorale. Quindi, una volta instillata la convinzione nell'elettorato che si può aumentare la spesa corrente a discapito della produttività (scuola, formazione post pase, ricerca), abbassando al contempo la tassazione, nessun cittadino sarà più disponibile ad accettare soluzioni meno allettanti per il singolo individuo nel breve periodo, ma più lungimiranti e, soprattutto, nell'interesse della collettività. 
G. C. 

lunedì 18 ottobre 2021

Elezioni amministrative 2021

Cronache delle elezioni amministrative 2021:

1) L'astensionismo non è un alibi per nessuno. L'astensionismo è semplicemente una colpa: colpa per il politico che è stato incapace di intercettare una porzione di cittadini; colpa per il cittadino che astenendosi ha scelto di non partecipare alla vita democratica del suo Paese;

1bis) La democrazia non è in crisi da oggi, ma è sempre stata in crisi, anzi è nata in crisi. È umano, naturale, sicuramente più semplice affidare il potere a qualcuno che gestendolo in maniera autoritaria assume decisioni perentorie, ma la democrazia è l'esatto opposto. La democrazia impone la mediazione tra le parti, annacqua le decisioni, avanza in maniera incrementale e smorza gli entusiasmi dei massimalisti. La democrazia è dialogo, è partecipazione, è continuità, è fatica, è la trama lunga e lenta della vita con pochi o nessun colpo di scena, senza soluzioni geniali o miracoli da 100 punti (cit. Troisi);

2) Il Centrodestra finché non tornerà a trazione moderata, europeista e atlantista, affrancandosi dalle pulsioni sovraniste/populiste sarà condannato irrimediabilmente all'opposizione.
Può mai intercettare il voto dei professionisti, degli imprenditori (piccoli e grandi), dei cittadini delle metropoli chi rincorre cialtroni, sciamani e leader politici che hanno instaurato nel loro Paese modelli di democrazia illiberale(Orban, Duda, Putin)? 

3) Queste elezioni hanno certificato, se c'è ne fosse stato ancora bisogno, la fine del m5s delle origini. Probabilmente se Conte avesse avuto le mani più libere, all'interno del movimento stesso, si sarebbe alleato ovunque con il pd capitalizzando al massimo la vittoria degli altri. Nel suo innegabile trasformismo, Conte sta trasformando il m5s in un partito che ben si integra con le altre componenti del centrosinistra (statalismo, assistenzialismo e giustizialismo) abbandonando per tempo le pulsioni più esasperate del populismo (euroscetticismo e indisponibilità alla mediazione) che mal si conciliano con chi vuol sedere tra i banchi della maggioranza.

4) Il pd ha vinto. A suo favore ha giocato l'essenzialità nella comunicazione, la partecipazione al governo da forza responsabile e la capacità di coagulare quante più forze possibili intorno a sé. Vincere le elezioni amministrative però non è garanzia di nulla, le elezioni politiche sono ben altra cosa;

5) Il campo riformista da solo non va da nessuna parte, nonostante l'exploit di Calenda a Roma (20%). Il sistema elettorale non permette ipotesi di corsa in solitaria: non c'è riuscito nemmeno il m5s dei primi tempi con il trenta e più per cento. Basta personalismi, basta veti e basta partitini vuoti di dibattito interno, che non sono altro che propaggini del loro leader; la democrazia impone la mediazione, ora è necessario un atto di maturità politica da parte di  tutti (Renzi, Calenda, Bonino).

Buon lavoro a tutti i sindaci.

mercoledì 22 settembre 2021

La Lega e la responsabilità di governo.

L'uscita della Donato dalla Lega, la spaccatura del M5S, il posizionamento all'opposizione di SEL e FDI, sono il chiaro segnale che il compito del populismo è esclusivamente raccogliere i voti, non governare. Tant'è vero nei momenti di crisi o nel momento in cui sul politico pesa la responsabilità delle scelte, in pratica alla prova dei fatti, il principio di realtà si impone sempre e le ricette folli risultano inapplicate, volendo riassumere: è meglio tradire la propria coerenza che condannare il Paese a nefaste conseguenze.
L'area più populista della Lega (Donato, Borghi, Rinaldi, Bagnai), del M5S (Di Battista, Paragone, Lezzi, Morra), della sinistra (Fratoianni) e della destra (Meloni) possono propugnare le tesi massimaliste solo dai comodi scranni dell'opposizione, viceversa rischierebbero di portare l'Italia in rovina. Inoltre il vantaggio di non governare gli consente, ai suddetti, di proporre agli elettori soluzioni semplici a problemi complessi senza avere né la necessità di dimostrare che esse siano veramente applicabili né dovendo affrontare le eventuali conseguenze negative delle scelte, di fronte a quegli stessi elettori che li hanno in principio premiati alle urne.
Ciò non significa che il populismo non sieda tra i banchi dell'attuale, e delle passate, maggioranze parlamentari, o che l'agenda di governo non risenta dell'influenza che esercitano i populisti; credere diversamente sarebbe una pia illusione. Anzi il populismo è consustanziale alla democrazia stessa: è una sua irrimediabile degenerazione, con la quale è necessario convivere. Giustappunto i cialtroni, gli imbonitori e gli arruffapopolo vengono spesso arruolati dai partiti al fine specifico di intercettare il consenso della pancia del Paese alle elezioni. Ma, l'elezione di quest'ultimi non comporta necessariamente una svolta oltranzista nell'azione di governo perché, fortunatamente, nemmeno i populisti credono fino in fondo alle loro ricette.

martedì 17 agosto 2021

Saviano, Murgia e l'attacco alla famiglia

«Quando mi chiedono quando finiranno le mafie rispondo quando finiranno le famiglie. Quando l’umanità troverà nuove forme di organizzazione sociale, nuovi patti d’affetto, nuove dinamiche in cui crescere vite» (Saviano) 
La debolezza della teoria proposta da Saviano, che le mafie finiranno quando finiranno le famiglie, è che non si presta all'esame oggettivo, ma si ricava e si adatta, eventualmente, ad ogni esigenza. Il fatto che detta supposizione non possa essere controllabile comparandola con un altro sistema esistente, o che non possa essere confutata da un evento concepibile, è la dimostrazione pratica che è facile ottenere conferme se quel cerchiamo sono solo conferme. Nulla può smentire un postulato che non presenta la caratteristica della falsificazione, ma che in maniera liquida si adegua ad ogni contenitore. Peraltro, la decisione di porre la famiglia come causazione dell'origine delle mafie, è puramente arbitrario, non corroborato da fatti: la famiglia è il nucleo basilare di quasi tutte le società del mondo; viceversa le mafie non sono allo stesso modo equamente distribuite sull'intero pianeta (spesso nella stessa nazione, regione, città, quartiere e appartamento ci sono evidenti differenze). Inoltre questa teoria postula che la degenerazione del concetto di famiglia sia la regola generale, dando per assodato che eventuali "nuovi patti d'affetto" non possano degenerare alla stessa maniera, ad esempio: nello sviluppo del concetto di intraneo ed estraneo. In ultimo, il richiamo al patriarcato, da parte della Murgia, è l'ennesima dimostrazione che se una soluzione è adeguata a spiegare tutti i problemi del mondo, probabilmente la soluzione non è giusta per spiegarne alcuno adeguatamente.
Giuseppe Cerullo 

domenica 15 agosto 2021

Afghanistan, libertà, diritti e prestigio

"A che serve che un popolo sia l'immagine stessa dell'agiatezza e della libertà, se è continuamente esposto ad essere devastato e conquistato? Che importa che esso sia manufatturiero e commerciante, se altri dominano i mari e dettano legge sui mercati? La forza è quindi spesso la prima condizione della felicità dei popoli e perfino della loro esistenza. Donde viene che i piccoli popoli finiscono sempre coll'essere violentemente uniti ai grandi, oppure che vi si uniscono spontaneamente". (Tocqueville)
Questo passo è noto nel mondo occidentale sin dal 1835, data della prima pubblicazione del  testo "La democrazia in America".
Eppure oggi, nel 2021, alla fine dell'Operazione Libertà Duratura (così denominata la guerra in Afghanistan) ci chiediamo che senso ha avuto liberare l'Afghanistan dai talebani se poi non si è dotato il Paese dei mezzi adeguati per poter resistere autonomamente al ritorno degli stessi. Che senso ha avuto creare una democrazia senza che fosse dotata dei necessari anticorpi per poter sopravvivere? Alcuni congetturano che gli USA, volutamente, hanno lasciato il territorio che avevano occupato, dove avevano posizionato basi militari, uomini e mezzi; un territorio a ridosso di una potenza rivale (Cina), di una potenza in nuce (India), di una potenza decaduta (Russia) e di uno Stato considerato canaglia (Iran), per rendere instabile la zona. Probabilmente gli stessi non considerano i due seguenti aspetti (uno di ordine pratico e l'altro un precedente storico): meglio essere vicino al potenziale nemico; l'episodio della crisi missilistica di Cuba tra USA e URSS. Quest'ultima vicenda, unita al sostegno che l'URSS ha assicurato a Cuba durante la guerra fredda, come d'altronde hanno fatto gli USA con altri Stati ritenuti utili, dimostra che le potenze preferiscono un governo amico a condizioni di instabilità. Eppure questa ritirata frettolosa, scomposta ed aspramente criticata, per diverse ragioni, dai più disparati commentatori, insegna una cosa: non si può fare una politica estera forte e decisa senza il sostegno della base elettorale. La retorica dell'America First, dell'isolazionismo, del sovranismo, ha illuso che si potesse essere grandi facendo a meno del mondo, ma non è cosi. Il corpo elettorale americano, in maniera trasversale, si aspettava la fine delle operazioni militari, e così è stato, salvo non voler accettare psicologicamente le conseguenze ad esso correlate: il ritorno al potere dei talebani; le immagini della rovinosa ritirata; lo smacco internazionale. Sì, perché diciamocelo chiaramente: ai più non interessano le pessime condizioni in cui verserà la popolazione afgana, ma il prestigio internazionale intaccato.

Giuseppe Cerullo 

venerdì 13 agosto 2021

Green pass, libertà e comunità

Diciamolo senza infingimenti: il green pass, con tutte le sue pecche, è l'unico modo che abbiamo per scongiurare future chiusure totali. Pur non avendo certezza di nulla (date le innumerevoli e impronosticabili variabili in campo), sono altissime le probabilità, visti i dati sulle attuali ospedalizzazioni, che rilevano una percentuale minima di accessi tra i vaccinati a differenza dei non vaccinati, che attraverso la moral suasion del green pass non dovremmo più applicare misure eccessivamente restrittive all'intera popolazione.
Quindi la logica delle attuali limitazioni è frutto della scelta da prendere al seguente quesito: o circoscrivere la libertà individuale di una sparuta componente di cittadini recalcitranti a sottoporsi alla vaccinazione o prendere in considerazione una potenziale restrizione della libertà globale per il rischio di recrudescenza della pandemia da covid, che ricadrebbe su tutti, indifferentemente dalla vaccinazione praticata.
Ciò premesso, è indubbio che la norma che introduce il green pass ponga dei severi limiti a chi, in nome di qualsivoglia pensiero, si presenta indisponibile a far fronte unico con l'intera comunità per affrontare la pandemia. In una condizione così eccezionale è naturale prendere misure straordinarie al fine di tutelare l'interesse collettivo, piuttosto che il capriccio del singolo.
Di fatti, l'indisponibilità a vaccinarsi, si squalifica a insulso capriccio, dato che nella maggior parte dei casi non si vede altro che persone arroccate dietro il loro steccato ideologico, prevenute rispetto a tutte le evidenze che si sono imposte in questi ultimi due anni.
In ultimo, bisogna tenere presente, che oltre alle persone riluttanti alla vaccinazione per una forma di paura preventiva, umanamente comprensibile soprattutto se alimentata da una inadeguata preparazione scientifica, esiste una componente più subdola di anti vaccinisti: quella che alimenta artatamente una narrazione perniciosa al fine di rinfocolare le fobie dei primi, estrapolando in maniera chirurgica dati, che risultano fuorvianti rispetto al loro originario contesto, e rappresentandoli in maniera che possano suggestionare le menti più fragili e predisposte ad una narrazione "alternativa".
Quest'ultimi sono inquadrabili in due sottogruppi: quelli consapevoli delle loro azioni, quindi il loro intento è disonesto, perché consapevoli del male che fanno alla comunità continuano a perseguire il loro particolare interesse, finalizzato esclusivamente ad occupare una posizione elettoralmente riconoscibile dal loro piccolo, ma pur rilevante seguito, allo scopo di beneficiare dei privilegi di rappresentanza; quelli che difettano di metodo, che alimentano i loro stessi dubbi per diffidenza verso le fonti ufficiali, che attraverso una modalità di ricerca grossolana mescolano argomenti inconciliabili, che, convinti di essere in possesso di un cervello fino, confondono l'autostima con l'autorevolezza, e dall'alto del loro inscalfibile punto di vista sbeffeggiano la massa, che si affida in maniera acritica alla scienza, non percependo di essere loro stessi dei fruitori acefali di tesi inconsistenti raccolte da fonti non riconosciute. 

giovedì 5 agosto 2021

Giù le mani dalla medaglia

Per essere aggiornati in maniera istantanea sul medagliere italiano alle olimpiadi di Tokyo è sufficiente seguire un qualunque politico, di qualsiasi partito.
È immancabile il post di congratulazioni via social, da parte dei leader dei vari schieramenti, all'atleta di turno dopo il raggiungimento di qualsivoglia medaglia. La partecipazione all'entusiasmo collettivo è vibrante. Quasi quasi sorge l'idea che lo stesso politico, attraverso qualche azione (sconosciuta ai suoi followers), abbia concorso in qualche modo al raggiungimento dell'obiettivo sportivo.
E, qualora non doveste trarre questo pensiero, potreste in maniera lecita desumere che la vittoria individuale dell'atleta (degli atleti per quanto concerne gli sport di squadra) sia il frutto di un percorso organizzato o promosso da politiche attive dello Stato in ambito sportivo.
Ma, vivendo in Italia dalla nascita, anche questa seconda ipotesi tenderei a scartarla.
Volendo entrare nel caso specifico, ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione:
Molti sport presenti alle olimpiadi vengono conosciuti dai più esclusivamente attraverso la trasmissione televisiva della competizione ogni quattro anni, quindi un comune adolescente, che magari avrebbe pure qualche tipo di talento per una di queste discipline, avrebbe serie difficoltà a conoscerla, se non addirittura a incontrarla nel corso della propria vita precedente alla trasmissione mondiale dell'evento.
L'obiezione a questo punto, però, è insita nel presupposto, lo Stato, attraverso la tv pubblica, compra i diritti televisivi e trasmette le varie competizioni olimpioniche al fine di diffonderne la conoscenza delle stesse tra la popolazione. Ma questo è sufficiente per appassionare un bambino? Gli eroi dei piccini, tendenzialmente, sono gli atleti vincenti, e se in Italia in quella specifica edizione nessuno si qualifica in finale, ad esempio, per il salto con l'asta, probabilmente l'evento sarà scarsamente seguito, o persino diffuso, dato il conseguente misero share di pubblico.
Il secondo aspetto da tenere in considerazione è: lo Stato, attraverso strutture e associazioni pubbliche o attraverso finanziamenti a società sportive private, si fa carico degli oneri necessari a favorire l'avvicinamento dei giovanissimi a determinate discipline? Oppure, la collettività si fa carico delle spese sportive che gravano sul nucleo familiare in cui è presente un bambino che sta tentando, in particolare, la disciplina dell'equitazione? In ultimo, la scuola (pubblica o privata) è in grado di favorire l'approccio a queste discipline sportive? 
Perché tutte queste domande? Perché non è un caso, e non è esclusivamente una questione di richiamo economico, che quasi nessun bambino sia attratto dalla scherma, dal badminton, dal salto ad ostacoli equestre o dal tiro a piattello.
Il percorso che inizia dalla passione individuale, passa per il sacrificio del bambino (inteso come allenamento) e della famiglia (inteso come impegno finanziario e di tempo) e finisce con il conseguimento dell'agognata medaglia olimpica, non pare essere frutto di un modello organizzativo, ma piuttosto dello sforzo esclusivamente individuale. Non è tanto il sistema a selezionare i talenti ed avviarli alle discipline adeguate, ma il caso che premia l'intersezione tra passione del singolo, disponibilità economica della famiglia e ricerca di una struttura sportiva di qualità (di prossimità) . 
L'impressione è che vinca un italiano, non l'Italia, quindi cari politici giù il cappello da questa o quella vittoria.
Giuseppe Cerullo 

giovedì 8 luglio 2021

DDL Zan, Fedez e Renzi

Live Fedez, Zan, Cappato e Civati.

"È meglio nessuna legge piuttosto che una legge cattiva che discrimina. Invece qui si sta pensando che pur di portarla a casa possono fare tutte le mediazioni possibili". (Zan) 

"Tutti speriamo, tutti noi che siamo d'accordo, che la legge possa passare, ma piuttosto che avere una legge amputata della parte più importante a questo punto, effettivamente, diciamo nella prossima legislatura, magari con un referendum, ci occupiamo di abrogare tutte discriminazioni che esistono in materia di unioni, di matrimonio, di figli, ect, ci arriviamo comunque in un altra strada...omissis" (Cappato)

Se si fosse adottata la stessa filosofia anche durante la discussione del DDL che ha istituito le unioni civili riguardo lo specifico tema della stepchild adoption, quella legge non sarebbe mai stata approvata.
I passi in avanti in tema di diritti civili in una democrazia liberale seguono un percorso graduale e non traumatico, ma soprattutto sono figli di un dibattito ed un fermento che coinvolge tutte le fasce della popolazione. 
L'aspetto dirimente è che la direzione intrapresa sia di stampo progressista, o almeno al passo con i tempi, e non regressiva. 
Purtroppo, talvolta, qualcuno confonde la propria bolla social, dove poter fare le LIVE in compagnia di persone ideologicamente affini, per un campione rappresentativo della popolazione globale. Ma non è cosi. 
Il parlamento, composto da quei politici "che fanno schifo", è il luogo dove prende vita la nostra democrazia rappresentativa. Ed è lì che i numeri, espressione di tutte le anime del mondo reale, fanno la differenza nella scelte politiche.
Ora se il ddl Zan ha la maggioranza sufficiente a palazzo Madama sarà convertito in legge, per la felicità di tutte le anime tolleranti, ma se, viceversa, non troverà l'approvazione (segreta) della metà più uno dei senatori presenti in aula, sarà bocciato. Ciò detto, dare una lettura manichea, mostrarsi insensibili alla mediazione, cercare lo scontro in aula assicurerà al fronte progressista una bandierina da sventolare, ma rischierà di lasciare senza ulteriori tutele la comunità lgbt.

lunedì 3 maggio 2021

Le ragioni del mio avversario.

L'idea autoassolutoria che imputa esclusivamente alla Lega il mancato riconoscimento dei diritti civili alla comunità LGBT+ è menzoniera.
Per quanto sia nota la tendenza all'azione conservatrice del carroccio, è altresì evidente che nemmeno durante la parentesi del Governo Conte bis (M5S+PD+IV+LEU) siano stati  fatti passi in avanti nella lotta all'omofobia.
L'argomento, considerato troppo divisivo, è sempre rimasto ai margini del dibattito parlamentare. Tant'è vero che la mancata calendarizzazione del DDLZan al Senato si è verificata anche durante la parentesi del Governo, sedicente, progressista. Inoltre addebitare alle intemperanze, troppo spesso fuori dal registro del dibattito civile, dei singoli politici la causa della mancata approvazione di norme a vocazione progressista è un alibi troppo esile per essere accettato. Gli estremismi, per quanto presenti in ciascuna delle due aree contrapposte (progressista e conservatrice), sono la parte residuale e non la più consistente dell'elettorato di riferimento. Purtroppo, generando il dibattito mediatico/politico tanto più interesse quanto più caratterizzato dallo scontro tra le fazioni in campo - esacerbando gli animi degli spettatori - è venuta fuori un idea distorta del disegno di legge, che ha solamente armato i due eserciti, rendendoli sordi alla possibilità di dialogo e relegando in secondo piano l'analisi del merito della questione. Viceversa, per poter superare queste logiche da disputa, bisognerebbe iniziare a riconoscere che riguardo all'argomento in oggetto (in genere per tutti gli argomenti) siano accettabili diverse sensibilità tra i cittadini - quindi tra i parlamentari - e che solo conferendo dignità alle posizioni avversarie sia possibile intavolare un dibattito maturo tra gli antagonisti.
Questo cambio di paradigma, di rimando, potrebbe persino diffondersi tra i cittadini, che smettendo i panni degli ultras, avrebbero la possibilità di riconoscere nell'altra fazione delle ragioni, pur non condivise, ma altrettanto valide quanto le proprie. Questo metodologia sposterebbe definitivamente l'ambito della disputa dalla quotidiana delegittimazione dell'avversario, rappresentato come nemico, al tema dell'emancipazione della società, che scatena da sempre le più inquietanti paure al cospetto di un futuro diverso dalla realtà che si vive abitualmente.
In aggiunta per dirigersi verso queste modalità di dialogo, è necessario tenere presente che in ogni duello agli oppositori sconfitti deve essere concesso l'onore delle armi; accettata la dignità delle loro idee; la successiva autonomia o la possibilità di adattarsi al cambiamento senza temere di perdere del tutto la propria capacità di agire. Alla fine una conquista conseguita attraverso queste modalità di dialogo resisterà nel tempo perché sia i vinti che i vincitori avranno conquistato il rispetto (simpatia) della fazione opposta. 

lunedì 19 aprile 2021

Riflessioni riguardo la Superlega

La vicenda che vede contrapposti i club (quelli che stanno creando la Superlega) alla UEFA è una semplice questione di business, quindi è stucchevole questo continuo richiamo ai valori dello sport come argomento alla base delle accuse contro la nascita di questa nuova competizione.
La ricostruzione narrativa che individua nel calcio la possibilità di riscatto sociale; il principio di solidarietà; il romanticismo della lotta tra Davide e Golia; il fango dei campetti provinciali; la trafila dalle giovanili alla prima squadra; mal si concilia con il modello di sport che viene quotidianamente offerto. Già oggi sono evidenti le profonde storture di un industria che, giustamente, ha nel profitto il suo unico e solo fine; talvolta anche il principio. Il distacco tra i club ricchi ed i poveri è diventato col tempo incolmabile, causando nel pubblico una perdita d'interesse riguardo i vari campionati, dove le prime della classe (talvolta esclusivamente la prima) hanno monopolizzato l'albo d'oro delle competizione nazionali negli ultimi anni. Inoltre la capacità di attrarre i campioni è diventata sempre più una caratteristica di pochi campionati e pochissimi club, producendo come risultato squadre piene zeppe di fenomeni contrapposte a squadrette provinciali povere di talento, e qualche volta persino di orgoglio ed attaccamento ai colori della propria squadra. 
Questo modello completamente sbilanciato, in cui i campionati nazionali paiono già decisi prima ancora di mettere la palla al centro del campo, si è palesato anche nelle competizioni internazionali per club, dove le sfide veramente avvincenti sono ridotte a tre/quattro match per anno a fronte di un percorso iniziale lungo e noioso, fatto di lontane trasferte contro squadre improponibili. Ciò premesso è naturale che ad un calo d'interesse del pubblico pagante si accompagnino minori entrate finanziarie, oppure entrate finanziarie più basse del previsto, che sommate alle conseguenze della pandemia, hanno inferto un colpo quasi mortale ad un sistema già "ricco" di debiti.
La nascita della superlega va inquadrata in questo senso: alcuni club più ricchi, per istinto di autoconservazione, propongono un nuovo modello capace di attrarre più risorse, imputando all'attuale gestione la colpa degli scarsi introiti reclutati negli ultimi anni. La superlega, inoltre, dato il suo presunto appeal, oltre a monopolizzare le entrate del calcio, probabilmente, sarà anche in grado di fagocitare tutti i campioni sulla piazza, che saranno interessati ad esibirsi in una vetrina più vantaggiosa economicamente. Questo modello porrà in una posizione di rendita tutti i club che riusciranno ad entrare come membri permanenti, scavando un solco incolmabile con tutti quegli altri che resteranno tagliati fuori, costretti a partecipare a tornei più scadenti e con, ancora, meno proventi. Ciò premesso non è accettabile imputare la responsabilità di questa scelta e le sue conseguenze -potenzialmente nefaste per i campionati nazionali e per i club esclusi dalla superlega- unicamente alla voracità dei proprietari delle squadre, ma vanno anche ricercate nei vertici delle organizzazioni sportive internazionali per club, che attraverso una programmazione inadeguata hanno reso fertile il terreno per la crescita di questo progetto alternativo. 
In ultimo, è veramente inaccettabile la strumentale e demagogica ingerenza politica - è così fastidiosa la libertà d'impresa? Il cambiamento dell'offerta del calcio professionistico non aggiungerà e/o toglierà nulla allo sport in generale. Tutti potranno continuare a cimentarsi negli sport dilettantistici nei campi di periferia, ma la bussola del calcio globale sarà necessariamente orientate alla ricerca del profitto; dopotutto non tutti hanno il privilegio di vivere con i sussidi di Stato.
Giuseppe Cerullo 

venerdì 5 febbraio 2021

L'audace condannato

Lentamente si accingeva a salire le scale che portavano al patibolo. La testa abbassata, il volto scuro, il passo claudicante, l'atteggiamento rimesso, caratterizzavano quella figura che poco si discostava dall'archetipo del condannato a morte. I segni della tortura erano visibili dal fondo della piazza. Quella piazza schiumosa e pullulante, febbricitante e livorosa, trepidante e angosciata. 
In attesa di quella funesta azione, le grida, gli spintoni e le liti per accaparrarsi il posto migliore si replicavano in ogni angolo tra la folla. Gustavo, scalzo e insudiciato, con un vestito cencioso lottava con i suoi consimili del popolo, a dispetto del suo nobile nome, per assistere alla prima esecuzione dell'anno. Piccolo, minuto, agile, scaltro, bramoso e impaurito, partendo dal vertice basso della piazza riuscì a sgattaiolare nel punto più prossimo al palco.
"Che ci fai qui?" intimo un baciapile di nero vestito.
"È qui lo spettacolo" intimorito rispose il fanciullo.
L'uomo scuotendo la testa spinse indietro Gustavo, che come una molla tornò al suo posto, provocando un irritato borbottio nell'uomo.
D'un tratto il silenzio pervase l'intera folla. Il condannato era giunto sul patibolo. La massa assetata di sangue era pronta ad esplodere alla vista della testa rotolante del condannato, che come una palla da biliardo si imbucava nella cesta di vimini, immortalata ad imperitura memoria con l'ultima smorfia di consapevole morte. La ghigliottina lucente non attendeva che l'istantanea caduta per insozzarsi di sangue caldo, e stopparsi violentemente nel fine corsa, impietosa davanti al gracile collo dell'impotente giustiziato.
Tutto era già scritto. Il fatto stava per compiersi. Il rito, immutato, desiderato, si ripeteva nei suoi consuetudinari passaggi. Il boia alzò violentemente la testa tumefatta del condannato convinto di leggere la paura nei suoi occhi. Scioccato trovò un ghigno che lo paralizzò e che gli impedì per un attimo di mettere il cappuccio al condannato. Ecco l'attimo. Il condannato sgusciante come un anguilla tolse le manette, mal posizionate da una vecchia guardia, e si lanciò contro il boia disarmato. Scontro feroce, ma pur preso di soprassalto l'energumeno ebbe facilmente la meglio del malconcio condannato, ed in un eccesso d'ira mista a paura trafisse con una lancia, scippata ad una guardia presente sul palco, il petto fiero dell'aggressore. La splendente lama della ghigliottina rifletteva i raggi solari, che di rimbalzo si proiettavano sulla punta grondante sangue della lancia, che rimase conficcata nel corpo inginocchiato del condannato, spirato esanime con le gambe piegate e la schiena distesa in terra. 
La massa visse il drammatico evento con l'aria intrappolata nei polmoni, non un fiato, non una parola, non un pianto, solo crescente tensione. 
"Che coraggio“ esclamò Gustavo, rompendo l'immobile silenzio. 
Coraggio, audacia, sfrontatezza, temerarietà, valore, erano le parole che correvano senza sosta sulle bocche dei popolani. 
“Signore, che uomo coraggioso si è dimostrato il condannato." disse il fanciullo importunando il bigotto. 
"Non serve coraggio per fare qualcosa quando non puoi fare nient'altro." sentenziò l'uomo allontanandosi contrariato. 



sabato 30 gennaio 2021

Il benefattore inconsapevole.

Oggi immaginavo il primo indigeno che mentre solo ed audace perlustrava le foreste dell'America meridionale si imbatteva per la prima volta nella pianta di cacao. Stupito dalla strana forma del frutto ne prelevava i semi, ed attraverso casuali e fortunose manipolazioni riusciva in poco tempo ad ottenere il dolce e delizioso cacao.
Assaggiato in maniera timorosa, il risultato della sua accidentale opera, provava l'estasi della prelibatezza inaspettata, e colto da innato senso di ingordigia ingurgitava ogni singolo granello di polvere prodotto. Dopo mesi di egoistica voracità, l'indigeno mosso da un inaspettato senso di solidarietà si lanciava di corsa verso il suo villaggio per condividere la meravigliosa scoperta con i suoi pari. Giunto stravolto nel suo villaggio, invitava i suoi cari a degustare questa sconosciuta polvere. Quest'ultimi diffidenti e preoccupati per l'aspetto particolarmente agitato del loro caro scopritore rifiutavano la misteriosa offerta. Questa terrea polvere non colpiva il loro occhio né per la forma né per la consistenza né per l'odore acre. Inoltre l'aspetto da folle ed il fisico appesantito dell'indigeno non erano per niente un buon biglietto da visita. Le insistenti richieste di degustazione da parte dell'indigeno ai propri cari suscitavano l'interesse della folla, che incuriositi da questo strano tramestio si aggregavano spontaneamente, partecipando gradualmente alla diffidenza collettiva. In pochi minuti quella che doveva essere una generosa offerta diventava una disputa dove le fazioni in campo si dividevano in due schieramenti: da una parte la massa sospettosa di no-ciok e dall'altra parte il solo indigeno, allibito per la reazione inattesa della sua comunità. La disputa degenerava in tumulto, le posizioni si esasperavano, gli animi si accendevano e questo provocava la discesa in campo del padre spirituale della comunità, che bollava come malvagia quella pericolosa sostanza e condannava l'eretico indigeno alla pena capitale per aver tentato di corrompere la società, dopo essersi corrotto egli stesso per averla assunta con diabolica ingordigia.
Tra strazianti pianti e grida disperate l'indigeno veniva condotto agli arresti, mentre la guida spirituale sequestrava la sua borsa di cacao imponendogli la confessione del luogo in cui la stessa era stata ritrovata.
Spaventato dagli eventi e dalla vicina reclusione l'indigeno confessava, al solo guru, non solo il luogo del ritrovamento, ma anche il fortunoso meccanismo necessario per l'ottenimento della squisita polvere ed implorava la guida di assaggiare quella delizia divina, senza per questo riuscire a scampare alla prigionia. 
Tornato nella sua solitaria casetta, il guru, provava l'ebbrezza dell'ignoto, e incuriosito dalla sconosciuta sostanza si fiondava con la testa sulla stessa uscendone con le papille gustative in visibilio.
La mattina seguente la pena capitale per l'eretico indigeno veniva eseguita sotto gli occhi maliziosi del guru, che oltre a presenziare all'esecuzione perdonava l'anima dell'inconsapevole benefattore.
Trascorso il giusto tempo, il guru imponeva una nuova legge divina: per volontà dell'Altissimo si poteva consumare la polvere di cacao, però solo se ottenuta secondo il metodo che il Sommo Spirito aveva comunicato in maniera esclusiva al solo guru, e dietro contemporanea offerta in danaro per le anime pie degli antenati, che lo stesso guru provvedeva a raccogliere e conservare.