L'uscita della Donato dalla Lega, la spaccatura del M5S, il posizionamento all'opposizione di SEL e FDI, sono il chiaro segnale che il compito del populismo è esclusivamente raccogliere i voti, non governare. Tant'è vero nei momenti di crisi o nel momento in cui sul politico pesa la responsabilità delle scelte, in pratica alla prova dei fatti, il principio di realtà si impone sempre e le ricette folli risultano inapplicate, volendo riassumere: è meglio tradire la propria coerenza che condannare il Paese a nefaste conseguenze.
L'area più populista della Lega (Donato, Borghi, Rinaldi, Bagnai), del M5S (Di Battista, Paragone, Lezzi, Morra), della sinistra (Fratoianni) e della destra (Meloni) possono propugnare le tesi massimaliste solo dai comodi scranni dell'opposizione, viceversa rischierebbero di portare l'Italia in rovina. Inoltre il vantaggio di non governare gli consente, ai suddetti, di proporre agli elettori soluzioni semplici a problemi complessi senza avere né la necessità di dimostrare che esse siano veramente applicabili né dovendo affrontare le eventuali conseguenze negative delle scelte, di fronte a quegli stessi elettori che li hanno in principio premiati alle urne.
Ciò non significa che il populismo non sieda tra i banchi dell'attuale, e delle passate, maggioranze parlamentari, o che l'agenda di governo non risenta dell'influenza che esercitano i populisti; credere diversamente sarebbe una pia illusione. Anzi il populismo è consustanziale alla democrazia stessa: è una sua irrimediabile degenerazione, con la quale è necessario convivere. Giustappunto i cialtroni, gli imbonitori e gli arruffapopolo vengono spesso arruolati dai partiti al fine specifico di intercettare il consenso della pancia del Paese alle elezioni. Ma, l'elezione di quest'ultimi non comporta necessariamente una svolta oltranzista nell'azione di governo perché, fortunatamente, nemmeno i populisti credono fino in fondo alle loro ricette.
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mercoledì 22 settembre 2021
La Lega e la responsabilità di governo.
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