domenica 24 ottobre 2021

Legge di bilancio, pensioni e reddito di cittadinanza

Ogni anno la legge finanziaria ci ricorda che in fin dei conti i partiti di destra e di sinistra condividono la stessa idea: maggiore spesa pubblica e minore tassazione.
Ognuno declina alla propria maniera la spesa pubblica (prepensionamenti, sussidi, welfare, bonus) e l'abbattimento delle tasse (flat tax, diminuzione del cuneo fiscale, riduzione delle tasse sul patrimonio e sul reddito) ma alla fine della fiera la storia è sempre la stessa: l'indisponibilità della politica di accettare che di fronte a risorse limitate è necessario fare delle scelte oculate.
Il dibattito odierno, come quello passato, riguardo la finanziaria, rende perfettamente l'idea di quelle che saranno poi le future maggiori voci di spesa della legge di bilancio: 
pensioni, quota 100 o che dir si voglia; 
Sussidi, ad esempio il rifinanziamento del reddito di cittadinanza.
Fa nulla che quota 100 sia stata solamente una trovata elettorale inadeguata dal punto di vista pratico, sia perché ha favorito la platea sbagliata, soprattutto uomini e dipendenti della PA, sia perché ha depauperato le piante organiche delle aziende, tasso di sostituzione di 0,4 (4 assunti per 10 pensionamenti); 
E non importa che il reddito di cittadinanza sia stato mal concepito, essendo una brodaglia mal assortita di assistenza e politiche attive del lavoro, che non raggiunga in modo adeguato le famiglie in povertà, sono favoriti i single rispetto ai nuclei familiari con più figli, che sia percepito da alcuni in modo truffaldino, lavoro nero e quant'altro, e che non ci sia un collegamento strutturale efficiente tra percettori del reddito e strutture di formazione/mercato del lavoro, l'importante, per i partiti, non è massimizzare i risultati ottenibili con l'utilizzo delle nostre tasse, ma venerare il proprio feticcio.
Purtroppo nessun governo, nemmeno uno tecnico, può sfuggire, anche se in maniera parziale, alle conseguenze della propaganda che i partiti hanno fatto a suo tempo durante il periodo elettorale. Quindi, una volta instillata la convinzione nell'elettorato che si può aumentare la spesa corrente a discapito della produttività (scuola, formazione post pase, ricerca), abbassando al contempo la tassazione, nessun cittadino sarà più disponibile ad accettare soluzioni meno allettanti per il singolo individuo nel breve periodo, ma più lungimiranti e, soprattutto, nell'interesse della collettività. 
G. C. 

lunedì 18 ottobre 2021

Elezioni amministrative 2021

Cronache delle elezioni amministrative 2021:

1) L'astensionismo non è un alibi per nessuno. L'astensionismo è semplicemente una colpa: colpa per il politico che è stato incapace di intercettare una porzione di cittadini; colpa per il cittadino che astenendosi ha scelto di non partecipare alla vita democratica del suo Paese;

1bis) La democrazia non è in crisi da oggi, ma è sempre stata in crisi, anzi è nata in crisi. È umano, naturale, sicuramente più semplice affidare il potere a qualcuno che gestendolo in maniera autoritaria assume decisioni perentorie, ma la democrazia è l'esatto opposto. La democrazia impone la mediazione tra le parti, annacqua le decisioni, avanza in maniera incrementale e smorza gli entusiasmi dei massimalisti. La democrazia è dialogo, è partecipazione, è continuità, è fatica, è la trama lunga e lenta della vita con pochi o nessun colpo di scena, senza soluzioni geniali o miracoli da 100 punti (cit. Troisi);

2) Il Centrodestra finché non tornerà a trazione moderata, europeista e atlantista, affrancandosi dalle pulsioni sovraniste/populiste sarà condannato irrimediabilmente all'opposizione.
Può mai intercettare il voto dei professionisti, degli imprenditori (piccoli e grandi), dei cittadini delle metropoli chi rincorre cialtroni, sciamani e leader politici che hanno instaurato nel loro Paese modelli di democrazia illiberale(Orban, Duda, Putin)? 

3) Queste elezioni hanno certificato, se c'è ne fosse stato ancora bisogno, la fine del m5s delle origini. Probabilmente se Conte avesse avuto le mani più libere, all'interno del movimento stesso, si sarebbe alleato ovunque con il pd capitalizzando al massimo la vittoria degli altri. Nel suo innegabile trasformismo, Conte sta trasformando il m5s in un partito che ben si integra con le altre componenti del centrosinistra (statalismo, assistenzialismo e giustizialismo) abbandonando per tempo le pulsioni più esasperate del populismo (euroscetticismo e indisponibilità alla mediazione) che mal si conciliano con chi vuol sedere tra i banchi della maggioranza.

4) Il pd ha vinto. A suo favore ha giocato l'essenzialità nella comunicazione, la partecipazione al governo da forza responsabile e la capacità di coagulare quante più forze possibili intorno a sé. Vincere le elezioni amministrative però non è garanzia di nulla, le elezioni politiche sono ben altra cosa;

5) Il campo riformista da solo non va da nessuna parte, nonostante l'exploit di Calenda a Roma (20%). Il sistema elettorale non permette ipotesi di corsa in solitaria: non c'è riuscito nemmeno il m5s dei primi tempi con il trenta e più per cento. Basta personalismi, basta veti e basta partitini vuoti di dibattito interno, che non sono altro che propaggini del loro leader; la democrazia impone la mediazione, ora è necessario un atto di maturità politica da parte di  tutti (Renzi, Calenda, Bonino).

Buon lavoro a tutti i sindaci.