Barbaro è l'etichetta che nell'età Antica affibbiavano i greci a tutti quelli che non parlavano la loro lingua (il greco), quindi anche i Romani venivano classificati nei popoli barbari.
Successivamente i romani utilizzarono la stessa parola per identificare quei popoli che ancora dovevano essere plasmati dalla forza civilizzatrice della cultura greco-romana, dunque l'espressione assunse una connotazione etnica.
Nell'età contemporanea la parola barbaro è un semplice aggettivo sinonimo di rozzo, crudele, incivile e selvaggio; sicché con il passare del tempo il vocabolo ha assunto un significato completamente nuovo rispetto alle accezzioni passate.
Questo preambolo è utile per capire i profondi mutamenti che sono avvenuti nel tempo e che hanno prodotto innumerevoli cambiamenti non solo nei modi di vivere, ma anche nel significato del linguaggio e dei modi di interpretare la realtà.
Nel corso dei secoli, in ordine sparso, si sono succeduti, o sono coesistiti, l'Impero Sumero, Egizio, Assiro, Babilonese, Greco, Macedone, Romano, Bizantino, Arabo, Ottomano, Spagnolo, Francese, Britannico, Sovietico, Americano e Cinese (perdonatemi qualche dimenticanza), ed ognuno di essi è stato caratterizzato da una peculiare religione, modello economico e culturale, fino ad arrivare alla nostra realtà.
La storia ci ha insegnato che nessun dogmatismo ha resistito per sempre: la politica, la religione, le ideologie, gli imperi sono risultati soggetti a cambiamenti fino a completa dissoluzione.
In questo contesto gli uomini che sono risultati vincenti sono quelli che hanno guidato il rinnovamento ed hanno convogliato le forze della maggioranza nella direzione dell'apertura al nuovo senza rinchiudersi ed isolarsi in posizioni ormai superate, obsolete ed anacronistiche, che sarebbero state poi travolte e spazzate via dagli eventi successivi.
A tal proposito è fulgido esempio di apertura al nuovo e riposizionamento logistico la figura di Tancredi Falconeri, nipote del Principe Fabrizio, che nel libro "Il Gattopardo" cosciente della potenziale trasformazione che sta per avvenire, si schiera nelle file dei garibaldini, con l'intima speranza poi rivelatasi vincente che "tutto deve cambiare affinché nulla cambi".
Quest'ultimo episodio non si presenta in contraddizione con il ragionamento precedente perché nel romanzo succitato è evidente l'evoluzione che avviene nella società post-risorgimentale rispetto al sistema feudale Borbonico; altresì mette in evidenza la capacità di adattamento dell'astuto nipote, che anticipa gli eventi per guadagnarsi un ruolo dominante nella nuova struttura sociale, simile alla posizione dello zio durante nel Regno delle due Sicilie.
Pertanto, in conclusione, diventa dirimente saper distinguere tra memoria, che può essere rappresentata come un faro che ci guida nel porto sicuro illuminando la via maestra e spingendoci lontano dagli scogli del passato, salvadoci dal naufragio, e dogma, che viceversa rischia di portare la società al lento decadimento, dividendo la popolazione in nome di valori ormai superati e non corrispondenti al sentire comune e rallentando il percorso lungo la strada del riconoscimento dei diritti, proponendo una inammissibile restaurazione.
Una volta avvenuta la Rivoluzione Francese non è più possibile imporre la servitù della gleba.
G.C.
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