Confesso: ho votato alle primarie del PD, con l'aggravante che ho dovuto fare la fila al freddo dopo il luculliano pranzo domenicale.
Svolgimento:
Arrivato nella piazza del mio quartiere, dove avrebbe dovuto attendermi il gazebo della mia zona di competenza, trovo il tipico paesaggio spettrale della domenica post prandiale: deserte le strade e due individui dall'aria poco raccomandabile e dall'aspetto imbruttito dalla miseria, che passeggiano all'ingresso di un desolato e arrugginito parco pubblico.
Del gazebo, nemmeno il miraggio. Deciso a votare per queste primarie mi dirigo verso la mia auto; cerco sul sito del partito un altro seggio in zona, e mi reco con la speranza di trovare miglior fortuna - complimenti per la comunicazione, bravo PD.
Giunto presso il secondo gazebo - fortunatamente questo c'era, quindi volendo essere pignoli il primo gazebo - vengo a conoscenza dalle persone in fila, abbastanza numerose, di altre defezioni nelle zone limitrofe e dell'accorpamento del mio seggio elettorale con quello che avevo appena trovato.
Ad uno sguardo superficiale, le persone in fila, oltre ad avere un’età abbastanza avanzata, appaiono poco interessate al dibattito politico. La presenza dei giovani si riduce a me, che sempre a voler essere pignoli non sono più di primo pelo, ed una ragazza arrivata pochi istanti dopo di me in compagnia del padre.
L’uomo, sulla sessantina, dalla figura dell’immarcescibile uomo di sinistra, sia nei modi che nell’abbigliamento – coppola di lana in patchwork, giacca e pantalone marroni, vestito di un ghigno sardonico e brontolone.
Le lamentele dell’uomo iniziano immediatamente: ”Ma i giovani dove sono? Le primarie sono aperte anche ai sedicenni!
Contesto che i giovani, per un fatto statistico, praticamente non ci sono in Italia – e poi penso tra me e me: ”Perché un giovane avrebbe dovuto prendersi la briga di venire a votare? Cosa ha da offrire questo partito ai giovani?
Contrariato, l’uomo, osserva che venendo al seggio qualche ragazzo sul motorino l’ha visto – ed io ho visto una rondine, eppure non è primavera.
Prosegue, l’uomo, lamentandosi della lentezza e della poca efficienza del metodo utilizzato, che in effetti sta provocando la fila in cui siamo intasati – penso: è il socialismo bellezza; per l’efficienza, a cui siamo scarsamente abituati in verità qui al sud, c’è il capitalismo, l’avversario (quello che ti vende in serie il tuo abbigliamento dozzinale prodotto con lo sfruttamento dei poveri del mondo).
Faccio notare all’uomo che probabilmente le persone in fila davanti a noi sono lì più per cooptazione di qualche capocorrente, sedicente amico loro, che non per ideologia – probabilmente avranno qualche piacere da chiedere o qualche buona azione ricevuta da scontare. In effetti dopo mezz’ora di fila, ed una attenta osservazione, la cosa che più noto è la povertà diffusa tra quelle persone – non che i poveri non possano avere posizioni politiche, però è notorio che siano quelli a maggior rischio di esposizione ad un determinato tipo di politica (ras locali che si pesano a suon di voti alla prima occasione utile), ed è inoltre surreale la completa assenza di scambio di idee in un luogo che dovrebbe essere il fulcro del dialogo e della partecipazione democratica.
Il democratico di sinistra con riso sardonico mi contesta che lui è lì per ideologia e non per cooptazione, ed io osservo che ne siamo in due, ma che siamo in netta minoranza rispetto al totale della fila. Lui contrattacca dichiarando che siamo in tre: io, lui e la figlia – ecco che adesso abbiamo ribaltato le percentuali rispetto all’intera platea dei votanti.
Durante questo dibattito a bassa intensità, intervallato da molteplici pause, origlio da un dialogo che sta avendo con la figlia la sua premura per un successivo appuntamento, quindi, non avendo fretta alcuna, cedo il posto in fila; lui educatamente ringranzia.
Nell’attesa del voto si avvicina con passo barcollante un anziano uomo dal colore violentemente itterico, una busta del catetere o di un drenaggio nella mano sinistra, tisico e con profondi solchi in un viso di vera sofferenza. Elemosina un caffè con una voce che sa di pianto. Restiamo colpevolmente impietriti da quella situazione tanto inaspettata quanto dolorosa, ma fortunatamente una donna più lesta ed empatica di noi accoglie velocemente la richiesta del postulante.
Altro colpo di scena, sopraggiunge una conoscente dell’uomo, che impegnata in una telefonata e con indosso una mascherina si accoda alla fila e si limita a guardarlo attentamente. L’uomo, pur notando il fatto di essere osservato dalla signora, non riconosce la donna, ma attendendo impaziente il suo turno si volta di tanto in tanto per capire chi sia la nuova arrivata. All’ennesima giravolta dell’uomo la donna interrompe la telefonata momentaneamente, posizionando la mano dinanzi al microfono del cellulare, e lo saluta, facendosi riconoscere e partecipando all’uomo i saluti dell’altra interlocutrice della telefonata.
Scambiati i convenevoli con l’uomo, riconosciuto come medico chirurgo che ha operato l’amica con la quale la donna era in conversazione a telefono, la donna chiude la chiamata ed inizia a lamentarsi con me per l’eccessivo vento ed il freddo. Osservo, banalmente, che ormai non siamo nemmeno più tanto abituati a questo clima.
Passano altri cinque minuti e la figlia del medico entra in cabina per le operazioni di voto mentre l’uomo si reca al tavolo dal segretario del seggio per consegnare i suoi documenti ed attendere dentro il gazebo il turno.
La donna appena sopraggiunta, in un misto di noia, frustrazione e superficialità attacca: “ E’ la quarta volta che vengo per votare. Sto prendendo freddo da questa mattina, ed il fatto grave è che non mi interessa l’esito di questo voto. Questo non è nemmeno il mio partito! Sono qui per fare un piacere ad un amico”.
Ed io: “ Deve essere proprio un amico”.
E lei mi guarda e annuisce, in un misto di rassegnazione e forse un po' di sconforto.
Per la cronaca ho votato Schlein. Penso che il PD ora abbia bisogno di recuperare consenso. Quindi, per questo obiettivo, è più sensato puntare su una leadership identitaria ed a tratti più demagogica e populista che non affidarsi ad un rassicurante amministratore locale.
G.C.
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